LA MIA PRIMA ESPERIENZA IN UN'ORGIA DI SCAMBISTI TRA: PIZZETTE, BERLUCCHI E COPPIE A DIR POCO PITTORESCHE

Tutto ebbe inizio quando da adolescente vidi lo splendido film di Kubrick " Eyes wide shut "; tutte queste donne meravigliose, aggrovigliate come pitoni a uomini che sembravano divertirsi assai.
Gli anni passarono, e con loro le prime esperienze “non convenzionali “  tra cui i vari ménage à trois. Le prime volte, poco credibili, scimmiottando ciò che si vedeva nei film porno, ma con risultati decisamente differenti.
Superati i vent'anni però ebbi tramite un conoscente che sapeva della mia “propensione” al sesso, il numero di telefono di un certo Davide; " Oh Andre ‘sto qua organizza feste con coppie scambiste, orgiazze da film porno, ci sono stato ed è stato assurdo. ". Ecco, col senno di poi ho capito che forse avrei dovuto ascoltare le sue parole fino ad " assurdo " e non interrompere la connessione delle mie sinapsi a "orgiazze" . Perché? Lo capirete poi, tranquilli.
Dopo un paio di giorni chiamai questo fantomatico Davide, gli dissi che avevo ricevuto il suo numero da M. e gli palesai il mio interesse a partecipare a una sua festa privata. Lui mi fece alcune domande: il mio rapporto col sesso, altezza e peso, orientamento sessuale, dimensioni del cazzo, durata media dei miei rapporti e tipo di eiaculazione (tanta, poca, a colata, a spruzzo). Il tutto come se fossi stato ad un colloquio di lavoro e mi stesse chiedendo chiarimenti riguardo al curriculum. Io feci degli sforzi sovrumani per riuscire a rimanere serio. Sfido voi a descrivere la vostra eiaculazione ad un tipo che la reputa fondamentale manco gli steste parlando della cura per il cancro.
Evidentemente risposi bene alle sue domande, dato che appena ebbi terminato di parlare mi disse che avrei potuto partecipare alla festa che si sarebbe svolta il sabato di quella stessa settimana, e mi fornì indirizzo del posto e orario.
Agganciai il telefono e scoppiai a ridere. Tutto mi sembrava fottutamente surreale, ma sono sempre stato un’amante dell’avventura, quindi la cosa mi intrigava assai. Esplorare il mondo degli scambisti.
Fu così che sabato sera mi ritrovai in macchina, con una scorta di preservativi che manco un rappresentante della Durex e l’adrenalina che si prova quando ci si appresta ad affrontare l’ignoto. Dopo una mezzoretta di viaggio, arriva al numero civico che mi era stato detto, era un piazzale in provincia di Brescia, ma non c’erano appartamenti, solo uffici. Pensai a uno scherzo quindi chiamai il tipo, che mi tranquillizzò dicendo che era il posto giusto e che sarebbe sceso subito ad aprirmi. Il tutto con un tono di voce estremamente euforico.
Mi accesi una sigaretta e mi appoggiai all’auto, “Andre questa è l’ultima occasione che hai per mollare tutto e andare a berti una birra con gli amici“, pensai; ma rimasi comunque lì, chi mi conosce sa quanto io sia testardo, e fanculo volevo andare fino in fondo.
Poco dopo si aprì il portoncino di vetro, e ne uscì un tipetto magrolino, con la pancetta strizzata in una camicia che pure gli hawaiani avrebbero definito troppo estrosa e la faccia da topo incorniciata da due orecchie a sventola degne di Dumbo. Mi venne incontro saltellando euforico, troppo euforico, quell’euforia che solo il pusher di fiducia ti può dare.
Mi abbracciò come fossimo amici da una vita, e da quel momento fino al termine della serata, non mi chiamò più “Andrea“, ma: “Caro, carissimo, mitico“.
Salimmo le scale, lui stava davanti e macinava gradini saltellando, mentre io camminavo alle sue spalle guardingo, pronto a menare nel caso succedessero cose strane, mentre l’agitazione iniziava a farsi spazio dentro di me. No, inutile facciate battutine cari amici, non era la paura per un eventuale avance gay, anche perché avevo specificato la mia eterosessualità; il mio timore era quello di entrare e incontrare a quella festa un parente o un vicino di casa. Tipo: “Oh ciao zio, come va, la zia è a casa?“ .
Il mio Caronte pippato, continuando a salire saltellando mi disse che tutti mi stavano aspettando, e che ero un furbetto perché volevo fare l’entrata in ritardo in stile prima donna. Nada, la mia idea di entrare in sordina era andata a puttane, avrei dovuto improvvisare.
Varcammo la soglia e scoprii che il tutto sarebbe avvenuto in un ufficio, che per l’occasione era stato reso decisamente meno formale, aggiungendo luci rosse, un divano letto aperto e svariate poltrone.
Sentii delle voci provenire dalla stanza adiacente, che raggiunsi poco dopo sempre seguendo Davide, il mio nuovo “amicone“. Ed ecco che feci la mia entrata in scena, di colpo calò il silenzio nella stanza ed ebbi una dozzina di sguardi puntati addosso. Guardai tutti di sfuggita, giusto per accantonare la famosa paura del: “Ciao zio cosa ci fai qui?”, e una volta accertato che non conoscevo nessuno e viceversa, potei tirare un sospiro di sollievo. Mi presentai cercando di ostentare sicurezza, ma il mio tono di voce ebbe l’effetto di un camionista incazzoso che fa il suo esordio agli alcolisti anonimi. A turno poi tipo processione per l’eucarestia, vennero a presentarsi con tre baci, le donne e con una stretta di mano gli uomini.
Io ovviamente guardai attentamente le donne ed ebbi la conferma che la “Maledizione della pesca dell’oratorio “ancora mi perseguitava. Ogni anno da bambino partecipavo alla pesca che si teneva al mio oratorio, spendevo i pochi soldi della mancia settimanale per comperare tre o quattro bigliettini, con la speranza che recassero il numero corrispondente al fucile a pallini, o al pallone da basket. Immancabilmente ogni volta che speranzoso mostravo il mio numero prendevo un’inculata: 24! (Dai che vinco il fucile) , “ Uuuh che fortuna hai vinto un paio di collant color carne, li puoi regalare alla tua nonna “, 67! (Dai che vinco il fucile), “ ma guarda che bella questa maglietta taglia XXXXL, con la stampa di un coniglio, è un po' grande ma la metterai quando crescerai “; insomma ogni volta tornavo a casa con calzettoni di spugna n.48/50, porta gioie ( per quali gioie poi bah ) e altre cazzate che mi dimostravano già allora il mio legame indissolubile con la sfiga. Idem quella sera.
La prima, che chiamerò “CELLU“ , era una cinquantenne con più cellulite che culo, tutta compressa in un abitino di dieci taglie più piccolo, l’avrà vinto alla pesca? Non glielo chiesi.
La seconda tipa, “PIPPO BAUDO” ,era sempre sui cinquanta, priva di forme, e indovinate chi ricordava il suo viso.
La terza tipa, “GRANNY”, qui quasi ebbi un mezzo infarto, era una over 60, con i capelli bianchi raccolti in uno chignon; quando mi strinse la mano ammiccandomi e dandomi tre baci, oltre ad un brivido di terrore, mi preoccupai di non stringerla troppo che a quell’età l’osteoporosi è un problema non irrilevante.
La quarta tipa, “IMODIUM “, capirete poi il perché, era una 40enne più larga che alta, con un seno gigantesco, quasi mi commossi pensando allo stacanovismo del suo reggiseno, che adempieva all’ingrato compito di sorreggere tutta quella roba, se chi l’aveva progettato, avesse costruito anche le torri gemelle, a quest’ora sarebbero ancora in piedi nonostante i due aerei.
La quinta tipa, “BOSSI-MARINI“ , era sui 40, mani da manovale, e un viso che era un mix tra quello di Valeria Marini con quintali di botox e quello del senatur della Lega Nord.
Terminata la processione mi guardai intorno, un po' come quando all’aeroporto si fissa il nastro delle valigie vuoto, mentre tutti si allontanano con le loro. Speravo che da dietro la macchinetta del caffè sbucasse Marion Cotillard o che tra le foglie del Ficus Benjamin facesse capolino Naomi Watts, ma ovviamente, non avvenne nulla di tutto ciò.
Per chi se lo stesse chiedendo i mariti erano degne versioni  al maschile delle loro mogli, da quello che sembrava Magalli dopo un ictus, a quello che probabilmente aveva recitato come controfigura di Lurch ne “La famiglia Addams”.

A interrompere il mio attonimento intervenne Davide che dopo avermi dato una pacca sulla spalla, ammiccando mi sussurrò: “ allora caro? Hai visto quanta carne? Ci si diverte questa sera “. In quel momento pensai a quando mia madre, criticando le mie abbuffate da McDonald’s, mi disse che è sempre meglio poca carne, ma di qualità, che tanta, di merda. (Cazzo le mamme hanno sempre ragione)
Lo guardai e risposi: “Beh, tanta è tanta, la mia preoccupazione è che sia scaduta“ , ma lui ridendo si allontanò saltellando, non capendo che la mia non era una battuta ma una vera e propria domanda.
Le luci si abbassarono e la gente iniziò a spogliarsi, toccarsi, baciarsi.
Se non fosse stata la sagra dello schifo, mi sarei eccitato e unito a loro, ma dopo avervi descritto i partecipanti, secondo voi che feci? Ovviamente mi diressi verso il tavolo allestito con cibo e bottiglie di prosecco pregio, e incominciai a mangiare pizzette mentre trafficavo per aprire un bottiglia di Berlucchi millesimato.
Fu così che, ad un tratto risuonò per la stanza il “POP” del tappo di sughero saltato, e tutti si girarono a guardarmi, io li salutai con la bottiglia in mano, e con una faccia da paraculo dissi: “Pardon, è che ho proprio sete “.
Mentre i primi cazzi uscivano dai boxer e i suoni delle prime ansimate e dei primi risucchi, riempivano la stanza, io ero già al terzo bicchiere di prosecco e alla dodicesima pizzetta. Ad un tratto arrivò da me Davide nudo, con l’erezione che puntava esattamente nella mia direzione, e mi disse. “Allora caro, ti butti? “, e io risposi, guardando la finestra: “Guarda lo farei anche ma temo che non sia abbastanza alto, e rimarrei comunque cosciente“. Lui rise e tornò verso il culone di Granny. Per l’ennesima volta aveva scambiato per battuta, una mia affermazione più che seria, ma poco importava, avevo vino e pizzette in abbondanza, mi sarei sbronzato gratis, guardando quella situazione da esterno, quasi fosse una ricerca etnologica.
Ma avevo parlato troppo presto, poco dopo mentre ero girato a versarmi l’ennesimo bicchiere di Berlucchi, da dietro mi sentii afferrare e stringere il cazzo, che se ne stava bello bello al sicuro nei miei pantaloni. D’istinto mi partì una gomitata difensiva verso il mio “aggressore”, che grazie a dio era Imodium, la tipa grassa e bassa, quindi il mio gomito le passò dieci centimetri sopra la testa e evitai l’imbarazzo di vederla stesa sul pavimento a causa mia.
Mi girò di forza e dopo essersi inginocchiata iniziò a slacciarmi i jeans, io ero paralizzato, fissavo la ricrescita dei suoi capelli unti, su cui svettavano pezzi di forfora grossi come Pringles.
Riuscii a ritornare cosciente sentendole dire: “Mmmmh ma che bel cazzo che abbiamo qui “. Di scatto le bloccai la mano che aveva afferrato il mio uccello; lei mi fissò con uno sguardo interrogativo, così le dissi la prima cosa che mi venne in mente:”Scusa ma devo andare urgentemente in bagno, sono indisposto a livello intestinale “. Lei passò in un attimo da femme fatale a mamma premurosa, e mi disse: “poverino, ma hai mangiato qualcosa che non va? Ti serve l’Imodium? Ce l’ho nella borsetta“ . Io le risposi che non mi serviva e che però sarebbe stato meglio se fossi riuscito ad andare in bagno. Tutta la conversazione avvenne con lei che non imperterrita non mollava il mio cazzo. (Se ve lo steste chiedendo, no non era in erezione)
Riuscii a svincolarmi, mi allacciai i pantaloni e andai verso il bagno, dove mi misi a fumare una sigaretta pensando a come uscire da quella situazione. Nel mentre ormai l’orgia era in pieno svolgimento e si sentivano urla animalesche, palle sudate che sbattevano su culi flaccidi e frasi zozze.
Dopo poco, bussarono e una voce: “Tesoro stai bene? Ti serve l’imodium?“. A ridaje con ‘sto cazzo di Imodium, “No no grazie tutto ok, vai pure di la bellezza, ci vediamo tra poco“.
Possibile che anche fingendo di esser lì lì per cagarmi addosso, questa stalker non mi mollasse? Ero basito.
Dopo qualche minuto uscii dal bagno e mi beccai un tipo che stava eiaculando sulle tette inesistenti della Pippo Baudo, mentre lei leccava il cazzo del sosia si Magalli.
Mi diressi verso la mia zona di comfort, il tavolo del cibo e degli alcolici, e finii la bottiglia mentre la Cellu era alle prese con una doppia penetrazione a un metro da me.
Grazie a dio la mia stalker ora era a farsi leccare da Granny, che nel mentre le infilava dentro un dildo di gomma, anche se dalle dimensioni sembrava più una mazza da baseball.
Mi girai vidi e di fianco a me, il marito di Granny, era nudo col cazzo moscio che penzolava e stava bevendo dell’acqua; “Hai visto Andrea che paradiso?“, io gli risposi che non l’avevo visto, forse per colpa del mio essere agnostico, ma non sembrò capire la battuta, quindi si congedò con una pacca sulla mia spalla e saltellando si accucciò dietro a sua moglie e dalla foga con cui muoveva la mano nella figa di lei, penso stesse cercando le chiavi della macchina, o il telecomando della tv, solite dinamiche di coppia.
Insomma tutto proseguì normalmente tra sborrate, urla e inviti a unirmi a loro, da me garbatamente declinati.
Devo dire che però erano tutte persone a modo e simpatiche, e la situazione sarebbe stata molto eccitante se il target fosse stato esteticamente migliore.
Comunque ad una certa ero sbronzo e le pizzette erano quasi finite, quindi salutai tutti, e strinsi la mano a Davide che era impegnato fare anal con la Bossi-Marini, “Mi dispiace tu non abbia partecipato, ti rifarai la prossima volta, sarà stata la timidezza”. (Sì sì credici che sia stato per quello)
Avviandomi alla macchina, mentre finivo il bicchiere di vino, pensai alla canzone degli Articolo 31 “La vita non è un film “. Non sapevo se avessero ragione o meno, quello che però sapevo con certezza è che non è di certo “Eyes wide shut” di Kubrick.



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